Il mondo dell'arte piange Maria Lai
L'artista è deceduta a 93 anni
di Francesco Bellu
SASSARI. I fili e le trame intrecciate ora si sono interrotte. Per sempre. Si è spezzato il legame che legava Maria Lai alla sua terra attraverso le sue opere così vitali e così sperimentali. Aveva 93 anni ed è deceduta poche ore fa nella sua casa sul mare d'Ogliastra, a Cardedu, circondata dall'affetto dei suoi cari. Era nata nel 1919 ad Ulassai, nel cuore di roccia della Sardegna, seconda di cinque figli in una famiglia che aveva l'arte nel sangue (suo zio era il fotografo Virgilio Lai). L'attitudine al disegno arriva sin da quando è ancora piccola, complice la lunga solitudine dei mesi invernali passati in completo isolamento. L'incontro che cambierà la sua vita è quello con Salvatore Cambosu a Cagliari che diverrà il suo maestro. L'uomo, uno degli intellettuali di punta di quello che molti definiscono "neorealismo sardo", intuisce le doti di questa bimba venuta dai monti e la incoraggia avvicinandola agli studi classici. Nel 1939 si iscrive al Liceo artistico a Roma: sono anni fecondi di nuovi incontri e studio. Conosce maestri di scultura come Alberto Viani e Marino Mazzacurati che vedono subito in lei "un segno maturo e molto maschile, estremamente essenziale e rapido". Completati gli studi al Liceo partirà alla volta di Verona e, subito dopo, di Venezia all'Accademia di Belle Arti, perché la Seconda Guerra Mondiale impedisce il suo ritorno in Sardegna.
Nella città veneta frequenta i corsi dello scultore Arturo Martini ma con difficoltà per via del fatto che Martini non accetta di buon grado la presenza di donne nel mondo dell'arte. Nel 1945 decide di tornare in Sardegna e lo fa in modo avventuroso: compie la tratta da Napoli a Cagliari su scialuppe di salvataggio. Sull'Isola resterà sino al 1954, riprende l'amicizia con Salvatore Cambosu e insegna disegno nelle scuole elementari. Torna a Roma in seguito ad un lutto molto grave: l'omicidio del fratello Lorenzo a Ulassai. Nella Capitale espone nel 1957 la sua prima personale alla Galleria Obelisco. Sono disegni a matita che coprono il decennio appena trascorso e si apre un piccolo studio d'arte. Poi all'improvviso la crisi. Maria abbandona l'arte, lo farà per dieci lunghi anni. Un silenzio che però l'avvicina al mondo della poesia e della letteratura. Suo dirimpettaio di casa è, infatti, Giuseppe Dessì con il quale stringe un'amicizia profonda.
Attraverso lo scrittore riscopre la sua isola, la sua dimensione mitica, le sue radici. Segue con interesse le vivaci correnti romane e si rimette in gioco. Roma è, in quel periodo, un grogiolo di sperimentazioni di ogni genere grazie a correnti innovative come quelle dell'arte povera e informale. Riprende così il suo percorso artistico attraverso il recupero del passato della Sardegna visto però come un'indagine del futuro. Interviene sulla materia utilizzando gli oggetti del telaio rivelandone la magia sospesa, l'incanto che nasce dal incrociare fili e orditi, che saranno d'ora in avanti uno dei simboli delle sue composizioni.
Il 1971 è per lei un anno triste ma estremamente fecondo di attività: a settembre muore in un tragico incidente aereo l'unico fratello rimastole, Gianni, mentre a livello artistico, espone nella Galleria Schinaider di Roma i primi Telai, un ciclo che caratterizza tutti i dieci anni successivi. Gli anni Ottanta sono, invece, sono caratterizzati dal ciclo delle "Geografie" e dei "Libri cuciti". Con "Legarsi alla Montagna" inizia una serie di operazioni artistiche sul territorio che coinvolgono il suo paese natale, Ulassai, e in seguito anche altri centri sardi e non solo. Negli anni Novanta le sue opere appaiono una reinterpretazione di tutto il suo percorso: i vari cicli, le varie espressioni si fondono in un insieme che diventa altro, in questo modo i disegni a matita si intrecciano con i fili e le corde dei telai. L'8 luglio del 2006 aveva inaugurato a Ulassai il museo d'arte contemporanea la "Stazione dell'arte", che raccoglie circa 140 delle sue opere. Le sue numerose esposizioni all'estero tra Europa e Stati Uniti hanno fatto si che Maria Lai sia considerata come la più importante artista sarda della seconda metà del Novecento.
Il commento del presidente Cappellacci. «Maria Lai è stata un’artista al femminile: le sue opere si sostanziano del suo essere, del suo principio, della sua visione del mondo. - così il presidente Cappellacci ha ricordato la figura dell’artista di Ulassai - Uno sguardo che è meraviglia, che è forza e incanto. La sua storia è la nostra storia dell’arte: la trama e l’ordito hanno intrecciato la terra con il cielo, le sue mani hanno unito i fili dell’orizzonte infinito. La Sardegna ha perso una donna capace di ascoltare i sussulti del cuore e del vento, una donna capace di addolcire, con la sua fragilità, i tacchi d’Ogliastra. L’arte di Maria Lai - ha concluso Cappellacci - è stata la vita. E la Sardegna».
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