l'altro punto di vista/2
Lo spettro delle Concerie Costa:
un non luogo tra centro e periferia
È stata la prima costruzione, insieme alla sala consiliare di Palazzo Sciuti, ad avere la corrente elettrica nel 1899
(foto: SassariNotizie.com)
SASSARI. Nel traffico che scorre isterico tra la periferia industriale della città e il centro, tra il sottopassaggio dove inizia via Predda Niedda Nord e via padre Zirano, poco distante dalla chiesa di santa Maria di Betlem c'è una costruzione di cui resta solo lo scheletro esterno. Dai perimetri delle finestre si vede il cielo, tra rami e grovigli quasi sepolti dalla vegetazione. Palme alte, un po' storte, rovi e tanti rifiuti fanno da corredo. Dietro c'è un pezzo di storia industriale della città: le ex Concerie Costa.
Questa è la seconda puntata del reportage, realizzato in collaborazione con lo storico dell'arte Alessandro Ponzeletti, alla ricerca degli edifici dimenticati di Sassari. Pezzi di storia più o meno recente, semplicemente abbandonati a se stessi, all'incuria e per questo, a volte, anche all'oblio quotidiano.
La struttura delle ex concerie, in pessime condizioni, è in mano a diversi privati. Eppure più di un secolo fa, nel 1899, è stata la prima ad essere illuminata dalla corrente elettrica, insieme alla sala consiliare provinciale di Palazzo Sciuti, in piazza d'Italia.
Il passato industriale. Il perimetro delle ex concerie Costa è vasto. La sua costruzione risale al 1850 e si deve alla famiglia Vielà che procedette nell'attività delle concerie fino a fine secolo per poi venderla ai Costa, che la detennero fino a dopo la seconda Guerra mondiale ma le concerie hanno operato fino al primo trentennio del Novecento. Quindi vi si impiantò, riadattando i locali, il grossista di alimentari Enrico Enrichetto.
L'ultimo (e siamo a fine Anni Settanta) ad aver sede tra le antiche mura fu il mobilificio di Pino Mura, fino all'incendio della metà degli anni '80 che ha contribuito allo stato attuale.
Poi il degrado e l'abbandono.
L'area originale era terreno coltivabile appartenente ai Francescani Claustrali di santa Maria di Betlem (a cui forse - riferisce Ponzeletti- si deve il toponimo Campulongu, indicante l'estensione in lunghezza del grande fondo coltivato a ortaggi). Su una parte di questi orti sorsero la conceria, il confinante ex mercato generale, nato ai primi del Novecento, e la ferrovia vicina.
Il futuro. Ora l'immenso edificio, di cui resta ben poco, è stretto tra le vie ad alto scorrimento di traffico in una zona ancora non definita urbanisticamente. Secondo il progetto per la realizzazione del nuovo centro intermodale, proprio lì sono previste delle opere collaterali, come il tunnel che dovrebbe portare i bus dalla nuova stazione in via XXV Aprile alla rotonda di via Padre Zirano. Tutta la zona cambierà aspetto e funzioni, anche se il muro dell'ex mercato ortofrutticolo è vincolato dalla Sovrintendenza. Sarà proprio questo il luogo dimenticato del prossimo appuntamento della rubrica "L'altro punto di vista".
(Si ringraziano per la precisa e preziosa collaborazione Alessandro Ponzeletti e Pierpaolo Mura)
Questa è la seconda puntata del reportage, realizzato in collaborazione con lo storico dell'arte Alessandro Ponzeletti, alla ricerca degli edifici dimenticati di Sassari. Pezzi di storia più o meno recente, semplicemente abbandonati a se stessi, all'incuria e per questo, a volte, anche all'oblio quotidiano.
La struttura delle ex concerie, in pessime condizioni, è in mano a diversi privati. Eppure più di un secolo fa, nel 1899, è stata la prima ad essere illuminata dalla corrente elettrica, insieme alla sala consiliare provinciale di Palazzo Sciuti, in piazza d'Italia.
Il passato industriale. Il perimetro delle ex concerie Costa è vasto. La sua costruzione risale al 1850 e si deve alla famiglia Vielà che procedette nell'attività delle concerie fino a fine secolo per poi venderla ai Costa, che la detennero fino a dopo la seconda Guerra mondiale ma le concerie hanno operato fino al primo trentennio del Novecento. Quindi vi si impiantò, riadattando i locali, il grossista di alimentari Enrico Enrichetto.
L'ultimo (e siamo a fine Anni Settanta) ad aver sede tra le antiche mura fu il mobilificio di Pino Mura, fino all'incendio della metà degli anni '80 che ha contribuito allo stato attuale.
Poi il degrado e l'abbandono.
L'area originale era terreno coltivabile appartenente ai Francescani Claustrali di santa Maria di Betlem (a cui forse - riferisce Ponzeletti- si deve il toponimo Campulongu, indicante l'estensione in lunghezza del grande fondo coltivato a ortaggi). Su una parte di questi orti sorsero la conceria, il confinante ex mercato generale, nato ai primi del Novecento, e la ferrovia vicina.
Il futuro. Ora l'immenso edificio, di cui resta ben poco, è stretto tra le vie ad alto scorrimento di traffico in una zona ancora non definita urbanisticamente. Secondo il progetto per la realizzazione del nuovo centro intermodale, proprio lì sono previste delle opere collaterali, come il tunnel che dovrebbe portare i bus dalla nuova stazione in via XXV Aprile alla rotonda di via Padre Zirano. Tutta la zona cambierà aspetto e funzioni, anche se il muro dell'ex mercato ortofrutticolo è vincolato dalla Sovrintendenza. Sarà proprio questo il luogo dimenticato del prossimo appuntamento della rubrica "L'altro punto di vista".
(Si ringraziano per la precisa e preziosa collaborazione Alessandro Ponzeletti e Pierpaolo Mura)
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