viaggio nel biologico / 3
"Curarsi" con i cibi di qualità:
la missione di Asab Sardegna
L'attività dell'Associazione sarda agricoltura biologica
di Valentina Guido
SASSARI. Prosegue il viaggio di SassariNotizie nel mondo del biologico sardo: dopo aver fatto la conoscenza di Aiab, Associazione italiana agricoltura biologica, è ora di parlare di Asab, l’Associazione sarda di agricoltura biologica che conta più di 700 soci tra produttori, tecnici e consumatori. I produttori sono circa 300, si concentrano per lo più nel sud dell’isola e, in gran parte, sono riuniti nella cooperativa S’Atra Sardigna, che è la più grossa organizzazione di produttori biologici del Mezzogiorno. A Sassari, fa riferimento proprio a S’Atra Sardigna l’unico punto vendita interamente bio (si trova in via Deffenu). I supermercati tradizionali al momento non offrono molta scelta agli affezionati del bio. Conad fa eccezione, con i prodotti “Alma verdebio”, certificati secondo la normativa europea, e con la linea “Percorso qualità Conad”; quest’ultima tuttavia è frutto di agricoltura cosiddetta integrata.
L’obiettivo di Asab Sardegna, che nel nord-ovest dell’Isola è coordinata da Stefano Sotgiu, è proprio quello di incrementare l’offerta biologica, stimolando la produzione che, per quanto riguarda le orticole, è ancora scarsa. Tra le missioni di Asab rientra inoltre quella di favorire la creazione di gruppi di acquisto solidale per promuovere la filiera corta biologica. Anche la formazione è importante per l’Associazione sarda agricoltura biologica, che a partire dal 23 giugno, organizzerà un ciclo di seminari su argomenti vari, come i gruppi di acquisto e la ristorazione collettiva.
Alimenti biologici nelle mense scolastiche e negli ospedali. Proprio la ristorazione collettiva è uno dei pallini di Stefano Sotgiu: «In Emilia Romagna e nel Nord Italia in genere, i bambini nelle mense scolastiche mangiano alimenti provenienti da agricoltura biologica. La Sardegna invece è in ritardo, anche se il comune di Sassari con il progetto Bampè ha fatto un deciso passo avanti. Ma bisogna portare il bio anche nelle mense degli ospedali: la Asl dovrebbe muoversi in questo senso».
I costi. Bisogna anche dire però che l’agricoltura biologica ha dei costi più elevati di quella tradizionale: come si concilia questo aspetto con l’esigenza del risparmio, cruccio numero uno del settore pubblico? «Non c’è contraddizione- risponde Stefano Sotgiu- perché quella biologica è una filosofia rispettosa non solo dell’ambiente, ma anche dell’uomo. Non si usano fitofarmaci né fertilizzanti chimici, solo compost naturale; i parassiti si combattono con parassiti antagonisti: il risultato è che l’ambiente non viene depauperato (quindi la collettività non deve pagare per porre rimedio), e l’uomo, con cibi più sani, si ammala di meno, quindi non pesa sulle casse del Sistema sanitario nazionale. La nutraceutica, contrazione di “nutrizione” e “farmaceutica”, insegna». All’ Istituto europeo di oncologia di Milano diretto da Umberto Veronesi, una delle eccellenze della ricerca italiana, credono molto nella nutraceutica e curano i pazienti anche con l’alimentazione.
Le certificazioni. Il biologico però pone anche altri interrogativi: è difficile credere che, senza antiparassitari di sintesi, si possano produrre le stesse quantità garantite dall’agricoltura tradizionale.«È vero che la resa per ettaro è inferiore- afferma Sotgiu- ma le tecniche si stanno evolvendo». Ma come si fa ad essere certi di avere tra le mani un prodotto veramente biologico? «Attraverso la certificazione che può essere applicata solo da enti certificatori che seguono in disciplinare europeo». A Sassari il più importante è l’Icea.
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