Le carni sarde piacciono, non temono confronti con quelle estere sia in termini nutrizionali che di gradimento, ma è fondamentale la costituzione di un brand per le produzioni bovine di qualità, se si vuole che siano riconosciute dal consumatore finale e prendano quota nei mercati. Occorre pertanto un marchio certificato che possa garantire i parametri di tradizione, sostenibilità ambientale, benessere animale e sicurezza alimentare per tutta la catena di produzione.
Sono questi gli esiti del progetto di ricerca “Probovis” che, per oltre un anno, ha coinvolto l’azienda di trasformazione carni Forma Srl di Nuoro e il Dipartimento di Agraria (sezione di Scienze Zootecniche) dell’Università di Sassari. Grazie a un finanziamento RAS con risorse Psr 2014/2020 (sottomisura 16.2), il percorso ha toccato tutti i segmenti della filiera, a partire dall’allevamento alla trasformazione sino all’apprezzamento in tavola e al gradimento sui mercati.
I risultati sono stati presentati l’11 novembre a Sassari nell’Aula Magna Barbieri, alla presenza del Magnifico Rettore Gavino Mariotti, del vice direttore del Dipartimento di Agraria Quirico Migheli e del docente di Zootecnia Giuseppe Pulina, presidente di Carni sostenibili, che ha moderato l’incontro.
«Il progetto ha consentito di osservare che il settore bovino da carne della Sardegna ha le potenzialità per valorizzare le produzioni anche con l’impiego delle razze autoctone in purezza come la Sardo-Bruna, o i suoi meticci ottenuti da incroci con razze estere selezionate per la produzione di carne, come la francese Limousine», ha affermato Anna Nudda, responsabile tecnico scientifico di “Probovis”, docente di Zootecnia e titolare della cattedra di Qualità delle produzioni di origine animale.
I vitelloni della razza Sardo-Bruna hanno mostrato prestazioni di accrescimento e di peso simili a quelle dei capi Limousine, seppure partiti da un peso iniziale inferiore a parità di età. Le rese alla macellazione sono state però inferiori, poiché questi animali tendono ad avere più tare di macellazione.
La qualità delle carni fresche però non è risultata diversa fra i tipi genetici studiati, e il processo di frollatura, cioè la maturazione e intenerimento della carne in condizioni di temperatura e umidità controllata, ha consentito di mantenere livelli elevati di colore e lucentezza anche dopo frollatura di durata medio-lunga. Un esito molto positivo, se si pensa che il colore della carne è il primo criterio che guida la scelta del consumatore all’acquisto.
È stato evidenziato come la Sardo-bruna tenda a comportarsi come gli altri due tipi genetici nonostante non sia una razza propriamente da carne. Su questi risultati si ritiene che abbiano inciso anche le buone pratiche di gestione del benessere degli animali sia nella fase di allevamento che di pre-macellazione.
«Vogliamo rendere più competitive le imprese del settore agroalimentare attraverso l’introduzione di nuove tecnologie sia nella fase di allevamento sia nella fase di trasformazione – ha spiegato Francesco Forma, titolare dell’omonima srl che ha curato tutte le fasi del progetto – il fine è quello di creare prodotti innovativi».
Tramite un panel test tra la Sardegna e la Lombardia, l’azienda ha potuto testare la percezione del consumatore sulla bontà sia della carne fresca che frollata ricavata da capi dei tre diversi tipi genetici (Sardo-Bruna, Limousine, meticcio), che sono stati allevati e monitorati nell’azienda agricola Agropower srl di Macomer.
Per la prima volta in Italia è stata sperimentata la metodica Global Quality Score (MQ4), che ha permesso di riscontrare come i tagli frollati per tre settimane siano stati quelli più graditi. Nonostante il panel di giudici abbia apprezzato maggiormente la carne di Scottona (giovane femmina che non ha partorito), anche il bovino adulto maschio ha riscontrato un ottimo successo.
I risultati della sperimentazione in allevamento e gli effetti sulla qualità, per quanto riguarda le carni bovine sono stati illustrati da Maria Rita Mellino, borsista in Scienze Zootecniche, e per quanto riguarda le carni ovine da Mondina Lunesu, ricercatrice di Zootecnica
In merito a queste ultime, sono stati confrontati gli agnelli di razza sarda con quelli ottenuti dall’incrocio con arieti della sudafricana Dorper, una delle più importanti per l’attitudine alla produzione di carne. Lo studio ha interessato le produzioni di agnelloni macellati a un peso di circa 20 chilogrammi, che bene si inquadrano nella categoria dell’agnello “da taglio” previsto nel disciplinare per l’Igp di Sardegna.
Gli accrescimenti dei capi in allattamento non sono risultati differenti fra i tipi genetici considerati, confermando come a regolarne lo sviluppo in questa fase sia la disponibilità di latte materno. Tuttavia, dagli agnelloni da incrocio sono state ottenute carni con minore contenuto di grasso sia di superficie che perirenale, meno grasso intramuscolare e un colore più vivo, con differenze anche per il profilo acidico del grasso. È emerso quindi come sia possibile produrre agnelloni pesanti che presentino un minor contenuto in grasso e un profilo acidico di elevato valore nutrizionale.
La collaborazione tra la Forma srl e lo Chef Leonardo Marongiu ha permesso di suggerire diversi utilizzi, oltre a quelli tradizionali, della carne di Agnello Di Sardegna IGP, come preparazioni semplici e veloci da mettere in tavola rivolte a tutte le tipologie di clienti. Lo studio si è focalizzato sull’IGP da Taglio intero e porzionato, attualmente non presente sul mercato locale, nella grande distribuzione e nella ristorazione.
A presentare i dati della sperimentazione nell’innovazione di processo e di prodotto sono state le agronome Enrica Cuccui e Giovanna Buffa.
Per quanto riguarda la ricerca di mercato, un Focus Group ha coinvolto sia consumatori che chef e ristoratori, i quali hanno testato “alla cieca” le carni sarde in comparazione con carni straniere di qualità. All’assaggio, l’agnello da taglio sardo è stato preferito al rinomato agnello Irlandese. Risultati eccellenti sono stati ottenuti da tutte le produzioni, ma la sola qualità oggettiva, pur restando un elemento basilare non è sufficiente per far vendere i prodotti sul mercato. Come ha specificato Antonio Lorenzoni della LM Consulting: «È necessario far conoscere il prodotto e soprattutto raccontarlo. È fondamentale in tal senso la creazione di una Brand Identity per la carne bovina sarda, di uno specifico marchio di riconoscimento e, se fosse possibile costituire una IGP, come è stato fatto per l’Agnello di Sardegna, si potranno ottenere risorse economiche dalla UE per la valorizzazione dei prodotti».
La carne dovrà essere posizionata su un segmento Premium Price che, oltre a rappresentare il suo corretto posizionamento, è anche quello che soffre meno le crisi economiche. Parte del valore aggiunto potrà essere quindi trasferito al settore primario (aziende agricole di produzione) che è l’anello debole della catena.
Per raggiungere i risultati maggiormente auspicabili, occorrerà che le istituzioni investano nel supportare le produzioni di qualità Made Sardinia, e che le imprese agroalimentari creino delle filiere certificate per garantire la qualità e la sostenibilità ambiatele delle carni dalla nascita alla vendita.