Nel 2022 è cresciuto il valore dell’export di beni prodotti in Sardegna. Il dato dell’ultimo trimestre ha infatti certificato una crescita su base annua superiore al +61%. Se però si esclude il valore dei prodotti petroliferi raffinati, che rappresentano oltre l’85% del totale, la crescita si riduce ad appena il +2,4%.

L’ultimo report del Centro Studi della Cna Sardegna evidenzia un andamento a due velocità dell’export regionale. Una dinamica frutto esclusivamente dell’effetto prezzi.

Considerando infatti i flussi di produzioni misurati in quantità (ovvero valutando il valore dell’export ai prezzi medi praticati nel 2021), la dinamica delle esportazioni sarde segnerebbe un -10%, calo che addirittura si amplificherebbe escludendo la componente petrolifera (-32%). A conti fatti, quindi, nel 2022 il contributo delle esportazioni alla crescita dell’economia regionale, valutata a valori reali, ovvero al netto dell’inflazione, è stato largamente negativo. Questo “effetto prezzi” ha coinvolto tutte le principali produzioni orientate all’export, incluso il settore lattiero caseario. Il prezzo del pecorino, ad esempio, ha raggiunto livelli storicamente alti: a dicembre il prezzo al kg ha sfiorato i 14 euro, quatto euro in più di quanto si registrava a fine 2021.

“La performance dell’export sardo nel 2022, tenuto conto delle dinamiche inflative dei prezzi all’export, si mostra estremamente negativa – commentano Luigi Tomasi e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale della Cna Sardegna -. Il calo reale annuo è del -10,4%, calo che diventa addirittura del -32% al netto dei prodotti petroliferi raffinati. In altri termini, l’anno passato la domanda estera ha contribuito alla formazione di ricchezza della Sardegna in maniera significativamente negativa, gravando sulle già deboli performance dell’economia regionale. Inoltre, sebbene una politica di crescita del prezzo, per il momento, sembra stia pagando (le quantità esportate sono diminuite, ma di più sono aumentati i prezzi), il rischio è che, in un contesto di domanda globale debole e voltatile, le produzioni isolane possano perdere quote di mercato a vantaggio di prodotti concorrenti e questo rischio è maggiore laddove la domanda è concentrata in pochi contesti territoriali; un avvertimento che riguarda, quindi, il prodotto sardo da esportazione per antonomasia, il pecorino, la cui domanda estera è storicamente concentrata (per quasi il 70%) in soli due paesi, USA e Germania”.

La situazione dell’export sardo

Entrando nel dettaglio: secondo i dati più aggiornati di fonte Istat, il 2022 si è chiuso con un valore globale dell’export regionale che ha sfiorato i 9 miliardi di euro, quasi il doppio di quanto si registrava nel periodo pre-pandemico (4,7 miliardi nel 2019). A contribuire a questo record vi è l’exploit delle vendite di prodotti petroliferi raffinati, circa 7,6 miliardi di euro (oltre l’85% del totale).

La crescita annua dell’export di derivati del petrolio è stata del +80%, crescita che ha sospinto le esportazioni regionali (+62% a valori correnti). Al netto degli idrocarburi, infatti, questa crescita si ridimensiona; il valore dei beni prodotti in Sardegna “non petroliferi” è stato di circa 1,3 miliardi di euro, record assoluto di tutti gli anni duemila ma appena il 2,4% in più di quanto si registrava nel 2021. Si tratta di un risultato modesto, ben inferiore a quanto misurato in quasi tutte le altre regioni italiane (fanno peggio dell’Isola soltanto Abruzzo, Basilicata e Molise) e che riflette, a conti fatti, un calo reale della domanda di prodotti isolani, calo compensato, come detto, soltanto da una dinamica dei prezzi eccezionale.

Venendo ai settori ed escludendo i prodotti petroliferi, il comparto più rilevante rimane quello dei prodotti chimici (262 milioni di euro), che ha registrato una dinamica positiva (+7,2% a valori correnti); segue il settore agroalimentare, con un valore di prodotti esportati pari circa 233 milioni di euro, in crescita del +13,7% rispetto al 2021; in fortissimo calo, di contro, la vendita di prodotti in metallo (-41,4%), che determina gran parte del saldo negativo. Il valore delle vendite di prodotti in metallo è passato dagli eccezionali 368 milioni del 2021 a poco meno di 216 milioni nel 2022.

Il settore agroalimentare

Se ci si sofferma sul settore agroalimentare, nell’anno appena passato le vendite all’estero hanno rappresentato circa il 18% di tutto il valore dell’export regionale non petrolifero (quota in crescita rispetto al 15,6% del 2021).

Si è arrestata la crescita del comparto degli insaccati e delle carni lavorate (11,2 milioni nel 2022, -7% il valore delle vendite), ma questo è l’unico segnale negativo.

Conferme di crescita arrivano dal comparto vitivinicolo (28 milioni, +5,8%) e da quello pastaio e dei prodotti da forno (28 milioni, +54%), mentre una seconda parte dell’anno in accelerazione ha fatto tornare il segno più anche al valore delle vendite di formaggi e derivati, che rappresentano, mediamente, oltre il 60% dell’export agroalimentare regionale (148 milioni di euro nel 2022 su 233). Qui la crescita è stata di un buon +10,1% (da ricordare che il primo semestre si era chiuso con un calo allarmante del -5,5%); queste dinamiche, tuttavia, sono il frutto dell’infiammata dei prezzi osservata nella seconda parte dell’anno. Basti dire che il prezzo unitario del pecorino è cresciuto, in media d’anno, del +27%, arrivando ad un valore record di quasi 14 euro al kg a dicembre (erano 10,4 a dicembre 2021, +33%).

Se si guarda allora alle quantità esportate misurate in kg, si trova che le esportazioni di formaggio sardo nel 2022 sono addirittura diminuite. I 244,6 milioni di euro venduti globalmente all’estero l’anno passato (qui si considera tutto il pecorino e dolce sardo, anche la quota prodotta fuori dall’Isola), infatti, corrispondono a circa 20mila tonnellate di prodotto, da confrontare con le 21,2mila commercializzate nel 2021 (che però, al prezzo medio praticato quell’anno, corrispondevano a 204 milioni di euro). In altre parole, applicando il prezzo medio del 2021 alle quantità del 2022 (valutando cioè l’export a valori costanti 2021) si ottiene un calo del -5,5%.

Quanto detto, però, non vale solo per il pecorino; il complesso delle produzioni agroalimentari sarde ha visto crescere i prezzi nel 2022 del +16%, mentre le quantità vendute sono calate del -2,1%. Ma non si tratta del rincaro maggiore: rimanendo nell’ambito manifatturiero, il record è dei prodotti petroliferi, il cui prezzo è cresciuto del +87%. Valutando le dinamiche dell’export a valori reali (ovvero quelli del 2021) si trova che anche le vendite di prodotti petroliferi sono diminuite del -3,8% (la crescita a valori correnti, si ricorda, era del +80%). Nell’ambito dei prodotti chimici la differenza è ancora più evidente; a valori reali l’export si è contratto del -34% (+7% a valori correnti), mentre in ambito metallurgico, il calo del -41% a valori correnti sfiora il -60% a prezzi costanti.