Presentata questa mattina presso il Palazzo del Consiglio regionale  la proposta di legge sul suicidio medicalmente assistito Liberi Subito elaborata dall’Associazione Luca Coscioni e depositata da Piero Comandini (primo firmatario) e da altri 21 consiglieri regionali (Gruppi consiliari del PD, Progressisti, Alleanza Europa Verde – Sinistra – Possibile – Art.1 e Movimento 5 Stelle, grazie anche all’attività della Cellula Coscioni Cagliari),  azione che ha dunque reso non necessaria la consueta raccolta firme come avvenuto in Veneto, Emilia Romagna e Abruzzo. Intanto anche Piemonte e Friuli Venezia Giulia hanno raggiunto la soglia delle firme e sono prossime al deposito, mentre altre regioni si stanno preparando per iniziare la raccolta delle sottoscrizioni. Presenti in conferenza anche Filomena Gallo e Marco Cappato segretario nazionale e Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni; l’On. Piero Comandini, primo firmatario della Pdl, alcuni capigruppo e la Cellula Coscioni di Cagliari

“In Sardegna si sono scritte pagine fondamentali sul fine vita – hanno dichiarato Marco Cappato e Filomena Gallo dell’Associazione Luca Coscioni -, alcune delle vicende più importanti, grazie al coraggio di persone come Giovanni Nuvoli, secondo caso in Italia di battaglia per l’interruzione delle terapie, nella cui casa arrivarono i carabinieri che bloccarono l’anestesista Tommaso Ciacca disponibile ad aiutarlo. Nuvoli iniziò uno sciopero della fame e della sete, ma il respiratore gli venne staccato solo dopo il decesso. Poi Walter Piludu, primo caso in cui un tribunale ordinò all’ASLl di rispettare la volontà del malato nella sospensione delle terapie sotto sedazione, sentenza poi tradotta in legge sul Testamento Biologica dal Parlamento.

Questa è anche una Regione nella quale furono raccolte decine di migliaia di firme ai tempi del Referendum – ricordano Gallo e Cappato – poi bloccato dalla Corte Costituzionale presieduta da Giuliano Amato. La Proposta di legge Liberi Subito appena depositata rappresenta un segno di speranza e non rassegnazione, un segnale transpartitico e un atto d’amore per le istituzioni e per la vita, nel rispetto delle libertà. L’attuazione del diritto conquistato con la sentenza della Consulta, che in presenza di quattro condizioni legalizza il suicidio assistito, è ora nelle mani del sistema sanitario e delle Regioni, che possono fissare regole certe a livello regionale, nonostante lo stallo della politica nazionale. Ecco perché risulta davvero importante l’azione dei consiglieri che hanno deciso di depositarla, che ringraziamo di cuore, e che invitiamo a procedere fuori da logiche schieramento mettendo al centro la sofferenza delle persone malate e la loro libertà di scelta”.

 Cosa dice la proposta di legge regionale Liberi subito

Grazie alla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale sul caso Cappato/Antoniani, l’aiuto medico alla morte volontaria, il cosiddetto “suicidio assistito”, oggi in Italia è possibile per le persone malate che possiedono i 4 requisiti previsti dalla Consulta: essere persone maggiorenni affette da patologie irreversibili, con gravi sofferenze fisiche o psicologiche, pienamente capaci di prendere decisioni libere e consapevoli, tenute in vita da trattamenti di sostegno vitale.

Eppure, nonostante la possibilità di ottenere questo tipo di aiuto, il Servizio Sanitario non garantisce tempi certi per effettuare le verifiche e rispondere alle persone malate che hanno diritto di porre fine alla propria vita. Così le, che intendono interrompere la propria vita, rimangono in attesa di ASL e Comitati Etici territoriali che, per svolgere le loro funzioni di verifica delle condizioni, possono impiegare mesi. Un tempo che molte persone che hanno bisogno di essere aiutate a morire non hanno.

Per questo, nel rispetto delle competenze territoriali, l’Associazione Luca Coscioni, con la collaborazione di altre realtà, raccoglie le firme per delle proposte di legge regionali che garantiscano il percorso di richiesta di “suicidio” medicalmente assistito e i controlli necessari in tempi certi, adeguati e definiti.

Ø   La “morte volontaria assistita” in Italia

Federico Carboni al momento, secondo i dati in possesso in possesso dell’associazione Luca Coscioni, è l’unica persona in Italia ad aver fatto ricorso alla morte volontaria assistita, dopo un calvario giudiziario di oltre due anni tra denunce e processi a carico dell’azienda sanitaria locale, che secondo la sentenza della Corte Costituzionale “Cappato/Antoniani”, con valore di legge, avrebbe dovuto garantirgli l’iter per l’accesso alla tecnica. Anche altri tre italiani, Stefano Gheller, “Antonio” e “Gloria” hanno ottenuto il via libera dal Comitato Etico della regione di appartenenza (ultimo step prima del “semaforo verde”) e sono dunque ora liberi di scegliere il momento più opportuno per confermare le proprie volontà o eventualmente modificare le proprie intenzioni iniziali.

Numerosi invece sono i connazionali costretti a emigrare in Svizzera. Tra quelli assistiti da Marco Cappato e i “disobbedienti civili” iscritti a Soccorso Civile, figurano le storie degli italiani discriminati dalla stessa sentenza della Consulta (come ElenaPaolaRomanoMassimiliano), secondo cui non erano in possesso dei requisiti richiesti. Solo i processi a carico degli attivisti imputati per l’assistenza al suicidio assistito, assistiti dall’Avvocata Filomena Gallo e dal collegio legale dell’associazione Luca Coscioni stabiliranno, come vogliono dimostrare i difensori, se la loro condizione era descrivibile come “dipendente da trattamenti di sostegno vitale).

Altri come Federico Carboni son finiti intrappolati nelle sabbie mobili delle lungaggini burocratiche e vittime del reato di “tortura” da parte dello Stato (attualmente è nota la vicenda di Laura Santi in Umbria, “Anna” in Friuli Venezia Giulia) e costretti a un interminabile percorso nei tribunali contemporaneo e direttamente proporzionale a un peggioramento delle condizioni di salute.

Infine vi sono casi come Fabio Ridolfi e Giampaolo costretti a rinunciare al lungo e faticoso percorso scegliendo loro malgrado il ricorso alla sospensione delle terapie e una lenta morte sotto sedazione profonda con distacco dell’alimentazione e dell’idratazione, un epilogo che non avrebbero desiderato.