Tempio Pausania. Viaggio nei labirinti della mente e del cuore, tra il fuoco della passione e l’ambiguità degli affetti, la banalità del male e i giochi di potere, tra storie di migranti e miti dello sport, con la Stagione 2023-2024 de La Grande Prosa e Danza organizzata al Teatro del Carmine di Tempio Pausania dal CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna con il patrocinio e il sostegno del Comune di Tempio Pausania, della Regione Sardegna e del MiC / Ministero della Cultura e il contributo della Fondazione di Sardegna.

Otto titoli in cartellone da gennaio ad aprile, con i grandi protagonisti della scena come Remo Girone, che indossa i panni de “Il cacciatore di nazisti”, Gigio Alberti e Amanda Sandrelli in “Vicini di Casa”, fortunata commedia di Cesc Gay, Eva Robin’s imperiosa e invidiata Madame ne “Le Serve” di Jean Genet mentre Vanessa Scalera interpreta “La sorella migliore” di Filippo Gili, accanto al giornalista Federico Buffa, che racconta la vita e le imprese di Michael Jordan in “Number 23”. Omaggio a Eduardo De Filippo con “Natale in Casa Cupiello” in una inedita versione “per attore cum figuris” e un doppio appuntamento con la danza contemporanea, con “Sabir / viaggio mediterraneo” del coreografo italo-africano Mvula Sungani e “IMA”, una creazione della coreografa Sofia Nappi sulla solitudine dei corpi e sulla percezione del mondo nel tempo della pandemia.

Una programmazione interessante e variegata che spazia tra differenti registri e stili, dall’ironia della commedia al pathos del dramma, tra classici del Novecento come “Natale in Casa Cupiello” che offre un straordinario ritratto di famiglia e “Le Serve” in cui si sposano la dimensione onirica e il desiderio, una pulsione (auto)distruttiva e uno straniamento da teatro dell’assurdo, accanto a testi contemporanei come “La sorella migliore” dove Filippo Gili indaga sulle conseguenze di un omicidio stradale e “Vicini di Casa” in cui due coppie si confrontano con il tema delicato e insidioso dell’erotismo, fra inibizioni e ipocrisia.

La tragedia della Shoah rivive sulla scena con “Il cacciatore di nazisti” con drammaturgia e regia di Giorgio Gallione, dove Remo Girone interpreta Simon Wiesenthal, l’ingegnere ebreo che rese possibile la cattura di Adolf Eichmann e si inserisce nella tradizione del teatro di narrazione “Number 23”, su una moderna epopea sportiva, con lo stile avvincente di Federico Buffa. Una riflessione sulle antiche e moderne migrazioni con “Sabir” di Mvula Sungani con l’étoile Emanuela Bianchini e i danzatori della Mvula Sungani Physical Dance mentre si ispira alla parola giapponese che indica “il momento presente”, “IMA” di Sofia Nappi, una partitura per corpi in movimento fra l’assenza, il “distanziamento” e la ricerca di sé.

Focus sulla drammaturgia contemporanea con pièces originali e moderne riletture, accanto alle coreografie d’autore, per una Stagione pensata per affascinante gli amanti della prosa e della danza, e attrarre un pubblico preparato e attento, curioso delle novità, con una particolare attenzione per le giovani generazioni, tra il recupero della memoria e i nuovi miti dello sport, dilemmi etici e morali e spunti di riflessione sulla realtà.

 

IL CARTELLONE

 

Un affascinante racconto per quadri sul tema delle migrazioni – mercoledì 10 gennaio alle 21 – con “Sabir / viaggio mediterraneo”, uno spettacolo ideato e diretto dal coreografo italo-africano Mvula Sungani che prende il titolo dall’antica lingua franca dei porti del “mare nostrum” per una riflessione sull’accoglienza e sul dialogo fra popoli e culture. Sotto i riflettori l’étoile Emanuela Bianchini (che firma anche le coreografie insieme con Mvula Sungani) e i danzatori della Mvula Sungani Physical Dance, che interpretano le vite in transito di donne e uomini in fuga da guerre e carestie, povertà e persecuzioni con il sogno di una vita migliore, con le musiche originali di Erasmo Petringa e luci, costumi, scene di MSPD Studios (produzione Arealive srl – MSPD Studios). “Sabir” mostra un affresco dell’Italia di oggi, «meta di immigrazioni e di speranze, come le drammatiche cronache quotidiane ci riportano», e di ieri, quando agli inizi del Novecento «a partire con una valigia piena di ricordi e di sogni erano proprio gli italiani». Tra spunti autobiografici e memorie familiari, prende forma un’opera coreutica di forte impatto visivo ed emozionale, tra ritmi e melodie della musica popolare e sonorità mediterranee.

 

Un classico del Novecento – sabato 20 gennaio alle 21 – con “Natale in Casa Cupiello” di Eduardo De Filippo, in una insolita versione “per attore cum figuris”, da un’idea di Vincenzo Ambrosino e Luca Saccoia, anche protagonista sulla scena con i pupazzi (e le maschere) di Tiziano Fario, per la regia di Lello Serao (produzione Teatri Associati di Napoli/Teatro Area Nord e Interno 5, con il sostegno della Fondazione Eduardo De Filippo e del Teatro Augusteo). Una pièce raffinata incentrata su Tommasino, il figlio insofferente e ribelle che riscopre il valore della tradizione familiare attraverso il rito del presepe, che rappresenta «l’orizzonte dentro cui si muove tutta l’opera sia in senso reale che metaforico» come sottolinea il regista Lello Serao. In quel paesaggio in miniatura, simbolo della Natività, per Luca Cupiello si riflette la speranza «in una umanità rinnovata e senza conflitti», insieme al mistero della nascita e della morte, secondo una iconografia consolidata dove si fondono passato e presente. Nel riconciliarsi idealmente con il padre e con la sua visione del mondo, Tommasino ritrova le sue radici e la sua identità, immergendosi in una dimensione onirica e senza tempo, fra i ricordi dell’infanzia, con uno sguardo al futuro.

 

Un profondo dilemma morale sul senso di giustizia e sul peso della colpa – giovedì 25 gennaio alle 21 – con “La sorella migliore” di Filippo Gili, nell’interpretazione di Vanessa Scalera, con Daniela Marra e Michela Martini, per la regia di Francesco Frangipane (produzione Argot Produzioni – Pierfrancesco Pisani e Isabella Borettini per Infinito Teatro, in coproduzione con Teatro delle Briciole e Solares / Fondazione delle Arti). La scoperta che la donna morta nell’incidente avrebbe avuto solo pochi mesi di vita, a causa di una grave malattia, potrebbe alleviare il dolore e il rimorso di un uomo responsabile di un omicidio stradale, oltre a influenzare l’opinione pubblica e favorire un’eventuale revisione del processo. Un paradosso giuridico, nella misurazione del danno inflitto alla vittima e ai suoi familiari, si riflette nei rapporti del reo con i parenti, perché alla gravità della condanna si aggiunge il giudizio delle persone a lui più vicine. La preziosa notizia che potrebbe portare a una nuova sentenza non viene accolta allo stesso modo da tutti, l’ipotesi che l’errore compiuto venga ridimensionato grazie a un referto clinico suscita nuovi interrogativi, non legali ma etici, sulla necessità dell’espiazione e sul significato del perdono.

 

Un’indagine sulla vita di coppia – giovedì 1 febbraio alle 21 – con “Vicini di Casa”, dalla commedia “Sentimental” di Cesc Gay, con traduzione e adattamento di Pino Tierno, che vede protagonisti Gigio Alberti e Amanda Sandrelli con Alberto Giusta e Alessandra Acciai, per la regia di Antonio Zavatteri, per una riflessione sull’amore e sull’eros tra segrete fantasie e personali inibizioni (co-produzione Nidodiragno / CMC – Cardellino srl – Teatro Stabile di Verona, in collaborazione con il Festival Teatrale di Borgio Verezzi). La relazione tra Anna e Giulio dura da tempo, tanto da trasformarsi in abitudine: hanno una bambina e la loro esistenza trascorre (quasi) serena, anche se lui ambiva a fare il musicista ma è diventato insegnante e lei ha dovuto rinunciare all’idea di un altro figlio. La loro tranquilla routine viene stravolta dall’incontro con Laura e Toni, i vicini, che «invitati per un aperitivo, irrompono nel loro appartamento e nella loro vita»: la conversazione ben presto si addentra in un territorio delicato come la sessualità e tra qualche reticenza e imbarazzo i padroni di casa finiscono con il confessarsi i loro più intimi desideri, in una commedia divertente e “trasgressiva” che regala un sorprendente affresco della società.

 

Una storia vera che assomiglia a un romanzo, o meglio ad un thriller di spionaggio – giovedì 15 febbraio alle 21 – con “Il cacciatore di nazisti / L’avventurosa vita di Simon Wiesenthal” con drammaturgia e regia di Giorgio Gallione, che rievoca una pagina tragica del Novecento (produzione Ginevra Media Production e Teatro Nazionale di Genova). Sotto i riflettori, Remo Girone (Tano Cariddi ne “La Piovra”), importante attore di teatro e di cinema, diretto da registi come Luca Ronconi e Peter Stein, Miklós Jancsó, Marco Bellocchio e Ettore Scola, nel ruolo dell’ingegnere ebreo che ha dedicato la sua esistenza alla cattura dei responsabili della Shoah. “Il cacciatore di nazisti” restituisce la voce, in una sorta di teatro della memoria, ai milioni di vittime – donne e uomini, vecchi e bambini – scomparse nei lager e fa i nomi dei loro assassini. «Non voglio che le persone pensino che sia stato possibile che i nazisti abbiano ucciso milioni di persone e poi l’abbiano fatta franca» – affermava Simon Wiesenthal, che ha reso possibile l’identificazione di Adolf Eichmann, tra gli inventori della “soluzione finale”; di Franz Stangl comandante dei campi di Treblinka e Sobibor e di Karl Silberbauer, il sottufficiale della Gestapo responsabile dell’arresto di Anna Frank –. «Ma io voglio giustizia, non vendetta».

 

Un raffinato gioco metateatrale – giovedì 7 marzo alle 21 – con “Le Serve”, capolavoro di Jean Genet, ispirato a un fatto di cronaca, nella traduzione di Monica Capuani, con Eva Robin’s nella parte di Madame e due giovani e talentuose attrici, Beatrice Vecchione e Matilde Vigna, nei ruoli rispettivamente di Claire e Solange, le due sorelle legate da un morboso rapporto di amore-odio verso la padrona, in un intrigante allestimento con adattamento e regia di Veronica Cruciani (co-produzione Nidodiragno / CMC – Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale – Teatro Stabile di Bolzano). Un singolare triangolo, dove Madame è oggetto di devozione e invidia, ossequio e paura, tanto che il grottesco rituale in cui le due cameriere alternativamente si immedesimano in lei, interpretando ora la serva ora la padrona, culmina con la sua uccisione. Un delitto simbolico, sempre evocato nella ripetizione ma mai realmente eseguito, con il quale le cameriere esorcizzano il pericolo che venga scoperto il loro tradimento – una lettera anonima alle autorità dove denunciano l’amante di Madame – e perpetuano il sistema di potere di cui sono prigioniere e da cui sognano di liberarsi, in realtà soltanto capovolgendo la prospettiva, come in uno specchio.

 

Il tempo immobile e il vuoto dell’assenza, con la scoperta di nuove sottili percezioni – venerdì 5 aprile alle 21 – con “IMA”, una creazione della coreografa Sofia Nappi, con Lara di Nallo, Valentin Durand, Evelien Jansen, Paolo Piancastelli e Gonçalo Reis, ideata durante la pandemia e il “distanziamento sociale”, per un’indagine sulla solitudine e la relazione con l’altro da sé (produzione Sosta Palmizi e Komoko / Sofia Nappi). «Ci siamo ritrovati soli nella nostra vera casa – il corpo – dove la principale dimensione temporale tangibile è il presente, dove il nostro esistere diventa più sensibile alle piccole cose» – sottolinea Sofia Nappi, che ricorda come dall’isolamento scaturisca una più profonda e autentica necessità di confronto e contatto, e come, mettendosi in una condizione di ascolto, sia possibile «percepire chiaramente che tutto, dentro e intorno, non si è fermato, ma è in continuo divenire in una danza che è interconnessione universale». “IMA” – che rimanda al termine giapponese per definire “il momento presente” ma anche, in una curiosa assonanza, alla parola che in aramaico ed ebraico significa “madre”, «nella sua accezione di rinascita e rinnovamento» – è un’opera coreutica poetica e ricca di simboli, trasfigurazione di un’epoca drammatica e traumatica che può condurre a una rigenerazione – fisica e spirituale.

 

Il ritratto di un campione di basket, icona dello sport mondiale – giovedì 18 aprile alle 21 – con “Number 23 / Vita e splendori di Michael Jordan”, il nuovo spettacolo scritto e interpretato da Federico Buffa, sulle note del pianoforte di Alessandro Nidi, e ispirato alle straordinarie imprese di un fuoriclasse, vincitore di quattro ori olimpici oltre alle indimenticabili stagioni con i Chicago Bulls (produzione International Music and Arts). Un monologo avvincente, in cui Federico Buffa ripercorre la biografia di un giocatore leggendario, insignito da Barack Obama della Presidential Medal of Freedom. «Le sue prodezze sul parquet dal 1984 al 2003 sono state linfa e traino della sua narrazione una volta diventato imprenditore, proprietario di uno dei marchi sportivi più riconoscibili al mondo» – sottolinea Federico Buffa –. «Quando arriva nella Lega riesce sin da subito a far capire a campioni dello spessore di Magic Johnson e Larry Bird quale sia la sua pasta, nonostante la giovane età». La sua carriera è un susseguirsi di trionfi: «Una cavalcata che lo porta a vincere sei titoli NBA e ad infrangere record individuali e di squadra: numeri che raccontano soltanto in parte però la grandezza di un personaggio difficile da limitare e restringere all’interno del recinto delle statistiche».

 

La Stagione 2023-2024 de La Grande Prosa e Danza al Teatro del Carmine di Tempio Pausania è organizzata dal CeDAC/ Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna, con il patrocinio e il sostegno del MiC / Ministero della Cultura, dell’Assessorato della Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport della Regione Autonoma della Sardegna, dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Tempio Pausania e con il contributo della Fondazione di Sardegna, in collaborazione con Cinedigital S.r.l. e con il supporto di Sardinia Ferries, che ospita sulle sue navi artisti e compagnie in viaggio per e dalla Sardegna.

 

Nella foto in evidenza: Vanessa Scalera 

Eva Robin’s, foto di Nicola Casamassima