Sassari. Un capolavoro del teatro elisabettiano per affrontare temi complessi e di scottante attualità, come il razzismo e i conflitti religiosi: sbarca nell’Isola “Il mercante di Venezia” di William Shakespeare, nella raffinata traduzione di Masolino D’Amico, con adattamento e regia di Paolo Valerio e con la magistrale interpretazione di Franco Branciaroli nel ruolo di Shylock, accanto a Piergiorgio Fasolo (Antonio) e Francesco Migliaccio (Salerio / Doge) e a un’affiatata compagnia (produzione Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia – CTB / Centro Teatrale Bresciano e Teatro de Gli Incamminati) in cartellone martedì 23 aprile alle 21 al Teatro Comunale di Sassari e da mercoledì 24 a domenica 28 aprile al Teatro Massimo di Cagliari (tutti i giorni da mercoledì a venerdì alle 20.30, sabato alle 19.30 e domenica alle 19 – venerdì 26 aprile doppio spettacolo con la replica pomeridiana alle 16.30 – turno P) sotto le insegne della Stagione 2023-2024 de La Grande Prosa organizzata dal CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna con la direzione artistica di Valeria Ciabattoni e con il patrocinio e il sostegno del MiC / Ministero della Cultura, della Regione Sardegna, del Comune di Cagliari e del Comune di Sassari e il contributo della Fondazione di Sardegna.

Una moderna rilettura della celebre commedia che intreccia la profonda inimicizia tra Antonio, il mercante del titolo e l’ebreo Shylock, da cui prende forma l’idea di una feroce e simbolica vendetta, con una richiesta iperbolica che in caso di insolvenza porrebbe la vita stessa del debitore nelle mani del creditore, fondata proprio sui pregiudizi dettati da un antisemitismo presente in Europa e in particolare in Inghilterra, fin dal Basso Medioevo, con le persecuzioni durante il regno di Riccardo Cuor di Leone e l’Editto di Espulsione emanato da Edoardo I, acuitosi dopo la condanna del medico di corte Rodrigo Lopez con l’accusa (falsa) di aver tentato di avvelenare la regina Elisabetta e la storia d’amore tra Bassanio, giovane protetto di Antonio e la bella Porzia, con elementi fiabeschi, come la scelta fra i tre scrigni, nell’esotica terra di Belmonte. Completano il cast (in ordine di apparizione) Emanuele Fortunati (Solanio / Principe di Marocco), Stefano Scandaletti (Bassanio), Lorenzo Guadalupi (Lorenzo), Giulio Cancelli (Graziano / Principe di Aragona), Valentina Violo (Porzia), Dalila Reas (Nerissa), Mauro Malinverno (Lancillotto / Tubal) e Mersila Sokoli (Jessica), per un’intrigante versione dell’opera shakespeariana con le scenografie di Marta Crisolini Malatesta e i costumi di Stefano Nicolao, il disegno luci di Gigi Saccomandi le le musiche di Antonio Di Pofi (movimenti di scena a cura di Monica Codena e uno speciale ringraziamento a Laura Pelaschiar dell’Università degli Studi di Trieste) dove in una sorta di montaggio alternato le atmosfere della città lagunare reinventata dal grande drammaturgo lasciano il posto ai paesaggi incantati di Belmonte.

Oltre la Scena: annullato l’incontro con gli artisti, già in programma giovedì 25 aprile alle 17.30 nel Foyer del Teatro Massimo di Cagliari.

Focus sulla figura chiave di Shylock, il banchiere (o usuraio) ebreo impresso nell’immaginario per la stravagante e crudele penale di «una libbra di carne» a pagamento di un prestito in denaro, come per lo struggente monologo in cui lo straniero emarginato per la sua cultura e la sua fede, umiliato e insultato per la sua professione pur necessaria e evidentemente e direttamente danneggiato dalla liberalità di Antonio, il ricco mercante che non perde occasione per schernirlo e offenderlo in pubblico, rivendica la propria appartenenza alla razza umana. Un personaggio ambiguo e per certi versi sgradevole, con la sua apparente o meglio presunta avidità, incarnazione dei vizi e delle stravaganze attribuiti alla sua gente, a partire dall’abitudine di vivere secondo le proprie usanze e tradizioni e i dettami della propria religione, isolandosi dalla comunità come un corpo estraneo (seppure spesso, come a Venezia, come conseguenza delle disposizioni e dalle norme stabilite dagli stessi governanti). «Un ebreo, non ha occhi? non ha mani, un ebreo, membra, corpo, sensi, sentimenti, passioni?» – ricorda Shylock nel suo discorso – «non si nutre dello stesso cibo, non è ferito dalle stesse armi, soggetto alle stesse malattie, guarito dalle stesse medicine, scaldato e gelato dalla stessa estate e inverno di un cristiano? … se ci pungete, non sanguiniamo? se ci fate solletico, non ridiamo? se ci avvelenate, non moriamo? e se ci fate torto, non ci vendicheremo? Se siamo come voi in tutto il resto, vi somiglieremo anche in questo. Se un ebreo fa un torto a un cristiano, che fa il mite cristiano? Vendetta! E se un cristiano fa un torto ad un ebreo, che farà, secondo l’esempio cristiano, l’ebreo paziente? Vendetta! Metterò in pratica la malvagità che mi insegnate, e sarà difficile che non superi i maestri».

Nella storia travagliata degli Ebrei della diaspora, Shylock, con un abile stratagemma, capovolge lo schema imprigionando Antonio nella propria rete, inducendolo a esporsi non solo finanziariamente, per aiutare Bassanio nell’impresa di conquistare il cuore di Porzia, ma anzi a mettere in gioco la vita, facendo da garante, pur di ottenere i tremila ducati che occorrono al suo giovane amico. In seguito all’affondamento e alla perdita delle sue navi, il mercante si ritrova nell’impossibilità di saldare il debito entro la scadenza e i personaggi restano impigliati in una tragica impasse: Shylock può ora esigere il pagamento della bizzarra penale e inasprito dalla fuga e dal “tradimento” della figlia Jessica, innamorata di Lorenzo, un giovane veneziano, si accinge effettivamente a compiere un’azione esecranda e terribile, infierendo sul corpo del rivale, ormai alla sua mercé. Nell’intervento salvifico di Porzia, en travesti nei panni di un sedicente avvocato, in difesa di Antonio, si evidenziano i punti del dilemma: nell’ottenere quella barbara forma di giustizia, l’ebreo metterebbe in pericolo l’esistenza di un cittadino veneziano, rendendosi così colpevole di tentato omicidio e punibile secondo le leggi della Serenissima Repubblica. Shylock, da vittima di angherie divenuto ora carnefice, assume i tratti del malvagio e quella pietà e quella compassione cui egli non ha voluto cedere, gli vengono ora negate: il peso della sentenza è aggravato dalla pretesa di Antonio, che lo costringe a convertirsi e rinnegare la propria religione. Nel finale della commedia, affiora una nota amara: la temeraria scelta dell’ebreo, nel tentativo di ottenere una vendetta sanguinaria, viene duramente punita ma il suo avversario a sua volta, non pago della salvezza e della riottenuta libertà, si prende una rivalsa infliggendogli una ulteriore e non necessaria umiliazione, quasi a conferma delle parole di Shylock.

Nel disegnare i personaggi – dai protagonisti fino all’ultimo comprimario – William Shakespeare mette in risalto luci e ombre dei loro caratteri e dei loro comportamenti, mostrandoli con tutte le loro contraddizioni e in tutta la loro fragilità, a partire dalla scoperta inclinazione di Antonio per Bassanio, cui non riesce a rifiutare nulla e dalla malinconia “inspiegabile” del mercante, in netto contrasto con la sua grande popolarità: nell’intricata vicenda in cui le questioni di denaro si mescolano agli affari di cuore emerge l’ambivalenza dei legami, dall’affetto soffocante e possessivo di Shylock per la figlia Jessica, che egli vorrebbe proteggere ma in realtà induce alla ribellione, al desiderio dell’ebreo di essere riconosciuto e accolto da coloro che invece lo rifiutano e pur ricorrendo ai suoi servigi, si fanno volentieri beffa di lui. “Il Mercante di Venezia” mette in campo sentimenti contrastanti e scomode verità: una pièce avvincente e ricca di colpi di scena, tra dialoghi densi di sottintesi e allusioni, riflessioni filosofiche sulla condizione umana e un’indagine sull’amore, tra la forza delle passioni e le contraddizioni del cuore. Un’opera di sorprendente attualità, che rimanda alla temperie culturale e politica dell’età elisabettiana ma propone anche interessanti spunti per un ragionamento sul tempo presente, sulle battaglie ideologiche e le antiche e nuove guerre di religione, sulla capacità di confrontarsi e di accettare la “diversità”, sull’empatia e il rispetto verso gli altri e sul senso di umanità.

Nella trama de “Il Mercante di Venezia” assume un ruolo centrale la “sfida” di Shylock, una scommessa per la vita cui Antonio, che sta impegnando i suoi beni e i suoi guadagni futuri, non sa resistere: «“For Sport”, per sport. Shylock dice così, nel momento cruciale del primo atto del “Mercante di Venezia”, rivolgendosi ad Antonio: “(…) firmatemi il vostro contratto, con la clausola (è solo per sport) che se non mi rimborsate nel tale giorno e nel tale luogo la tale somma, la penale sarà stabilita in una libbra precisa della vostra bianca carne (…)”. Quindi è un gioco, uno scherzo, una bagatella… Tutta questa storia di una libbra di carne è solo il divertimento di un ricco ebreo che vuole farsi beffa di un mercante tanto arrogante quanto malinconico» – sottolinea Paolo Valerio nelle sue Note di Regia –. E cita Harold Bloom, insigne letterio critico inglese, che affermava: «Bisognerebbe essere ciechi, sordi e ottusi per non accorgersi che la grandiosa ed equivoca commedia shakespeariana “Il mercante di Venezia” è un’opera profondamente antisemita».

In realtà, per i protagonisti, come si scoprirà, quella clausola è tutt’altro che uno scherzo: «Dietro a questo “sport”, a questa ignobile beffa, c’è una storia di vendetta, di denaro, di tradimenti, di emarginazione. E carne e sangue: Shylock ne è ossessionato» – prosegue Paolo Valerio –. «C’è sempre qualcosa di potentemente fisico a caratterizzare la figura di Shylock: un forte rapporto con la materia, con il corpo, con ciò che è divorabile… “sazierò l’antico rancore” è una delle prime asserzioni dell’ebreo. Un verbo non scelto a caso, in una battuta che pone subito in luce il tema fondante della vendetta contro una società che esclude chi le è estraneo. Sono infatti odio e spirito di vendetta – per gli sputi subiti, per gli insulti di Antonio che lo paragona a un cane rabbioso, per il suo opporsi all’usura – a suggerire a Shylock la crudele obbligazione per il prestito al mercante, la famosa libbra di carne: “Lui odia il nostro sacro popolo e inveisce contro di noi e io odio lui perché è un cristiano” dice infatti l’ebreo, dichiarando chiaramente lo scenario di un’aperta lotta fra religioni, fra culture. Di contro, ogni battuta di Antonio adduce ad una vocazione al martirio. Nell’iconografia dello spettacolo abbiamo accolto quest’ispirazione ed Antonio durante il processo appare in effetti “crocifisso”, a petto nudo e braccia aperte, in attesa della lama di Shylock».

Ma il dramma, appena risoltosi in commedia, ha poi un doppio finale: «Appena l’intervento del giovane avvocato salva la vita di Antonio e condanna Shylock, il mercante però rovescia la violenza dell’ebreo in una violenza altrettanto brutale chiedendo per lui la forzata conversione al cristianesimo – ricorda Paolo Valerio –. «Da una parte, allora, c’è il cruento cannibalismo di Shylock, e dall’altra, apparentemente, un martire cristiano: però questo cristiano, appena scende dalla sua croce, come prima azione obbliga l’ebreo alla conversione, imponendogli di fatto il corpo di Cristo. Nulla obbliga Antonio a questa scelta: è la sua volontà, la sua richiesta al Doge, una richiesta di terribile violenza. Ma nell’immaginario degli spettatori è la “libbra di carne” a rimanere impressa, e scivola via invece l’inumana scelta del mercante, fino ad allora tratteggiato come un uomo libero, più o meno illuminato, generoso… E che invece rivela un lato vendicativo, un atteggiamento impositivo che rimanda piuttosto all’oscurantismo dell’inquisizione.

Shylock, davanti ad un simile atto, avrebbe potuto a propria volta immolarsi, dire “no, uccidetemi”. Invece per sopravvivere dice “accetto”: questa è la sua vera sconfitta. Rimane un escluso, un violento e diviene un perdente, privato non solo della sua orribile obbligazione, e del denaro, ma soprattutto della sua dignità. Shakespeare lo lascia così: lo fa uscire di scena “sottovoce” nel quarto atto, dedicando il quinto alla dimensione dell’incanto e del divertimento di Belmonte, alla celebrazione di un universo femminile, luminoso, intuitivo e salvifico, come spesso è nella sua drammaturgia. Ma la figura dell’ebreo e la sua dialettica con il mercante, sono così centrali, così potenti e universali, che abbiamo scelto di evidenziarlo, aprendo e chiudendo il nostro spettacolo con un’apparizione di Shylock, che nell’ultima scena vive davanti ai nostri occhi la brutalità di una conversione imposta».

 

 

INFO & PREZZI

SASSARI / La Grande Prosa & Danza

biglietti:

Platea intero € 25 – ridotto € 20

Galleria intero € 20 – ridotto € 18 – ridotto studenti 15

Loggione intero € 15 – ridotto studenti € 10

info: cell. 339/1560328 – 376/0876154 – e-mail: circuitoteatralesardo@gmail.com

prevendite biglietti: Le Ragazze Terribili – via Roma 143 – Sassari – tel. 079/278275

biglietteria online: www.vivaticket.com

LINK: https://www.vivaticket.com/it/Ticket/il-mercante-di-venezia/227215

La Grande Prosa & Danza al Teatro Massimo di Cagliari

biglietti – La Grande Prosa | Danza

platea I settore: intero 35 euro – ridotto 27 euro

platea II settore: intero 30 euro – ridotto 22 euro

Loggione 15 euro

La Grande Prosa | Turno P (ore 16.30) – posto unico 15 euro

Prevendite: Biglietteria del Teatro Massimo di Cagliari (dal lunedì al venerdì dalle 17 fino alle 20) – cell. 345/4894565 – e-mail: biglietteria@cedacsardegna.it – www.cedacsardegna.it

Box Office Sardegna – viale Regina Margherita n. 43 – Cagliari

prevendite online: www.vivaticket.com

https://www.vivaticket.com/it/ticket/il-mercante-di-venezia/215890

INFO: – cell. 345/4894565 – e-mail: biglietteria@cedacsardegna.it – www.cedacsardegna.it