Con una nota inoltrata ai Ministri delle Imprese Adolfo Urso e dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin la Confindustria Sardegna Meridionale ha espresso sconcerto per la delibera assunta nei giorni scorsi dalla Giunta Regionale della Sardegna sulla realizzazione del nuovo impianto dimostrativo per la produzione di carbonato di litio e ossidi di metalli misti.

Si tratta del rinvio a valutazione di impatto ambientale dello stadio dimostrativo del progetto per il recupero di litio e mix di metalli che compongono le nuove batterie per veicoli elettrici.

L’incomprensibile scelta della Regione Sardegna, tecnicamente immotivata in quanto conforme a tutti gli standard di salute, sicurezza e ambiente previsti dalla normativa attualmente vigente, scoraggia gli investimenti e si pone in aperta contraddizione con la strategia italiana di assicurare un approvvigionamento sicuro e sostenibile di materie prime critiche, in particolare attraverso modelli di economia circolare e svantaggia l’Italia rispetto ai principali paesi europei come Francia, Germania e Spagna.

Inoltre, tale decisione, appare in contrasto anche con la volontà espressa dal Governo italiano di volere assicurare il coordinamento e l’azione amministrativa necessaria per la tempestiva ed efficace realizzazione di investimenti riconosciuti di preminente interesse strategico nazionale, quale appunto quella di un nuovo progetto d’investimento quale quello il recupero del litio a cui anche la stessa Portovesme srl è stata ripetutamente sollecitata per confermare un impegno verso un nuovo sviluppo industriale.

Tra gli aspetti più allarmanti della decisione presa, c’è quello di perdere la possibilità di realizzare nel nostro Paese il più grande impianto in Europa di raffinazione dei metalli delle batterie – un’iniziativa con investimenti significativi, che costituirebbe un volano economico per il territorio e la Sardegna, oltre ad assicurare il futuro domestico -oggi incerto- nella produzione di veicoli elettrici.

Nel dubbio, pertanto, pare prevalere la strategia del non fare e del rinvio sine die, senza l’assunzione delle responsabilità proprie e di competenza regionale. Ciò è particolarmente grave se si tiene conto del contesto economico, sociale e occupazionale del territorio in cui opera la Portovesme s.r.l. e se si considera che lo stesso costituisce la base su cui si fonda il progetto di riconversione del sito.

La preoccupazione è ancor più profonda se si pensa che tale iniziativa potrebbe essere facilmente realizzata in una località europea alternativa, con un pessimo messaggio nazionale ed internazionale, già veicolato dai media, circa l’incapacità istituzionale di accogliere ed attrarre grandi ed innovativi investimenti, ancor più trattandosi di una regione colpita da una inarrestabile desertificazione economica ed industriale.