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“Ancora una volta, il carcere di Uta, a Cagliari, si trova a dover far fronte a diverse aggressioni ai danni del personale di Polizia Penitenziaria, che in due diverse giornate ha ricorso alle cure sanitarie”. La denuncia è di Luca Fais, segretario regionale per la Sardegna del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria. “La prima aggressione è avvenuta a Capodanno, durante una spedizione punitiva sfociata in rissa tra reclusi nei cortili passeggi: il personale di Polizia intervenuto a disarmare i soggetti reclusi autori ha riportato la rottura di una falange e trenta giorni di cura. Altro episodio, il giorno 3 gennaio: il personale di Polizia Penitenziaria è intervenuto a placare l’ira di un detenuto psichiatrico che ha distrutto la cella ma un agente è dovuto ricorrere alle cure del nosocomio cittadino con sette giorni di prognosi”.
“Nonostante i due episodi negativi che hanno caratterizzato il nuovo anno”, prosegue il sindacalista, “nella serata di ieri si è svolta un’importante e brillante operazione che a seguito di complesse ed articolate indagini investigative interne ha permesso attraverso una perquisizione ad opera dei Baschi Azzurri, coadiuvata dai Sovrintendenti con l’ausilio dei poliziotti dei reparti interessati, che ha visto il rinvenimento ed il relativo sequestro di un telefono cellulare. Quest’ultimo analizzato consentirà di chiarire l’uso fatto dal possessore”.

“L’ingresso illecito di cellulari negli istituti è ormai un flusso continuo”, denuncia Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, che esprime vicinanza e solidarietà ai poliziotti aggrediti nel carcere di Uta. E non è la prima volta che il SAPPE chiede nuovi provvedimenti per inibire l’uso di strumentazioni tecnologiche nelle sezioni detentive. “Non si contano più i rinvenimenti e i sequestri di questi piccoli apparecchi. Le vie d’ingresso diventano molteplici, non ultima anche quella aerea a mezzo droni che sempre più spesso vengono avvistati e intercettati – ha aggiunto Capece -. La cosa grave è che denunciamo queste cose ormai da più di dieci anni e nessuno ha ancora fatto qualcosa.Tra l’altro, è assurdo che gli apparecchi per accertare la presenza dei telefoni cellulari non vengano usati nelle celle, ma durante lo svolgimento delle prove d’esame scritte del personale di polizia che ambisce ad acquisire il grado superiore! È una vergogna!” aggiunge il leader del primo Sindacato della Polizia Penitenziaria. “Le donne e gli uomini del Corpo sono quotidianamente impegnati nell’attività di contrasto all’introduzione di telefoni cellulari ed alla diffusione della droga nei penitenziari per adulti e minori. E nonostante la recente previsione di reato, nel Codice penale, per ingresso e detenzione illecita di telefonini nelle carceri, con pene severe che vanno da 1 a 4 anni, il fenomeno non sembra ancora attenuarsi. Vanno adottate soluzioni drastiche come la schermatura delle sezioni detentive, delle celle e degli spazi nei quali sono presenti detenuti, all’uso dei telefoni cellulari e degli smartphone”.