L'incontro "Sulla nostra pelle" al Festival Ammajare a Siligo

Siligo. Si è chiusa ieri sera, 24 agosto, con grande partecipazione di pubblico, la seconda edizione del Festival Ammajare. Il tema delle persecuzioni, vecchie e nuove, ha trovato un momento di approfondimento nella discussione “Sulla nostra pelle. Gaza e dintorni”, dedicata alla drammatica situazione in cui sopravvivono gli abitanti della Striscia di Gaza.

L’incontro, moderato dalla giornalista Giusy Ferreli, si è aperto con la domanda: «Come si possono trasformare le singole voci che si alzano in protesta contro il massacro di civili a Gaza in uno strumento potente?», posta dalla stessa Ferreli per stimolare il dibattito. Da qui sono partiti gli interventi, tra cui quello di Padre Stefano Gennari, dell’associazione «Mondo X Sardegna», che ha sottolineato l’importanza di partire da ciò che unisce, condannare le forme di estrema povertà e riconoscere nell’altro una ricchezza.

Daniela Falconi, sindaca di Fonni e presidente dell’Anci Sardegna, ha sottolineato come la Sardegna conosca bene il peso delle guerre e la contraddizione delle numerose basi militari presenti sul territorio: «Sarebbe bello che in ogni Comune della Sardegna ci fosse un assessorato alla pace. L’impegno è che dai nostri territori parta una voce forte contro la guerra».

Il sindaco di Siligo, Giovanni Porcheddu, ha ribadito il senso di responsabilità della comunità: «Quando è emersa la necessità di non girarsi dall’altra parte, come amministratori abbiamo deciso di metterci in movimento. Abbiamo parlato con le persone, al di là delle posizioni e delle professioni. Con i nostri 750 abitanti volevamo dimostrare che anche i piccoli comuni possono fare la loro parte. Abbiamo condiviso con i sindaci del circondario la scelta di organizzare una marcia: non parole statiche, ma un gesto dinamico».

Il giornalista Pier Giorgio Pinna ha denunciato il ruolo dei media, troppo spesso piegati alla logica dello scontro: «Occorrerebbero giornalisti che coltivino senso critico. Invece si creano tifoserie e contrapposizioni, mentre il mondo vive l’incubo di un ritorno all’incubo nucleare».

Andrea Zironi, dell’associazione «Ponti non muri», ha richiamato l’immagine di Gaza come “territorio-prigione”: «Se lo trasferissimo qui, sarebbe un’area che va da Castelsardo a Porto Torres, con due milioni di persone – oggi in forte diminuzione – stipate in uno spazio con densità doppia rispetto a New York. Sappiamo tutto, e questo è il problema: non possiamo dire di non sapere».

Molto toccante anche la testimonianza di Hiba Alif, assessora alla Pace del Comune di Ravenna e premiata con il riconoscimento Il futuro che vogliamo: «Molti hanno definito la mia delega alla pace una “delega fuffa”. Ma la pace è giustizia sociale. Promuovere la cultura della pace e progetti di non violenza è fondamentale per costruire un futuro migliore».

Durante il dibattito è intervenuto anche Paolo Bellotti, presidente dell’associazione Intrecci Culturali, che ha letto alcuni passaggi della Carta di S’Aspru, presentandola come strumento per avviare un cammino di pace dal basso e coinvolgere l’intera comunità nel promuovere il cessate il fuoco e le trattative. Tra i principi ricordati: Gestione del Conflitto e Dialogo, affrontare le divergenze cercando ciò che unisce, e Non Violenza Attiva, indicata come pratica condivisa per la risoluzione dei conflitti.

La sottoscrizione della Carta di S’Aspru ha suggellato l’incontro, con un invito pubblico a proseguire il cammino insieme: schierarsi contro tutte le guerre, condannare la povertà estrema e promuovere la cultura della pace come patrimonio collettivo.

Gli interventi su ingiustizie e persecuzioni attuali hanno trovato spunti nei libri di Edoardo Mantega e Francesca Spanu, che hanno invitato a riflettere sull’importanza di salvaguardare ambienti naturali, come il Montiferru, e di rispettare e comprendere diversità e patologie spesso non riconosciute, come l’obesità.

Nel corso della serata sono stati assegnati due importanti riconoscimenti:
Il Premio Ammajare 2025 è andato a Cinzia Angela Seddone, autrice di Come una fenice, donna che, dopo anni di violenze domestiche, ha detto “basta”. Il premio, una scultura in legno di ginepro realizzata dall’associazione “Le Dragonesse” – composta da donne operate di tumore al seno che praticano dragon boat per riabilitazione e aggregazione – rappresenta forza, resilienza e solidarietà.
Il premio speciale Il futuro che vogliamo è stato assegnato a Hiba Alif, simbolo di impegno civile e inclusione.

Il festival si è chiuso con il concerto del gruppo Humaniora, che ha guidato il pubblico in un viaggio musicale dedicato alle figure femminili della storia e della cultura, da Maria Carta a Grazia Deledda, da Antonia Mesina a Maria Lai, fino a Marah Abu Zuhri, giovane palestinese di 20 anni arrivata in Italia dalla Striscia di Gaza e deceduta a Pisa per malnutrizione.

Durante i saluti finali, il sindaco di Siligo Giovanni Porcheddu ha annunciato una notizia che segna un riconoscimento importante per il paese: il piccolo comune del Meilogu entrerà ufficialmente a far parte de “La Rete delle Città delle Streghe”, iniziativa culturale e turistica nata per valorizzare i territori legati alla tradizione della stregoneria. Capofila del progetto è Benevento, affiancata da comuni come Castel del Monte e Triora. Siligo sarà l’ottavo comune a farne parte e il primo in Sardegna.

La seconda edizione di Ammajare conferma l’importanza di festival capaci di affrontare temi attuali e delicati, come le persecuzioni moderne e le ingiustizie contemporanee, creando spazi di riflessione, confronto e partecipazione per tutta la comunità. Eventi come questo dimostrano come la cultura possa essere strumento di consapevolezza e di cambiamento sociale.