(Adnkronos) – Addio a Sergio Flamigni, ex senatore del Pci e partigiano: aveva 100 anni. Lo ha annunciato sui social l’Archivio Flamigni. “Partigiano, deputato e poi senatore del Pci dal 1968 al 1987, componente delle commissioni Antimafia e delle commissioni parlamentari di inchiesta sul caso Moro e sulla P2 – si legge – è stato uno più attenti indagatori e studiosi del caso Moro”.
“Nel 2005 ha fondato l’Archivio Flamigni, per mettere a disposizione degli studiosi l’imponente documentazione raccolta in materia di terrorismo, stragi, mafia, P2. Una vita al servizio della democrazia, della Costituzione, delle istituzioni, della memoria storica, della ricerca di verità, fedele agli ideali di gioventù”, si legge ancora.
“Se c’è una parola che ha contraddistinto la vita di Sergio Flamigni questa è forse verità: partigiano, parlamentare, è stato –soprattutto- un instancabile studioso del caso Moro”. Così la segretaria del Pd Elly Schlein. “Con l’Archivio Flamigni, che costituisce un patrimonio unico di materiali e testimonianze, ha voluto poi mettere a disposizione di tutte e tutti ciò che aveva raccolto in materia di terrorismo, stragi, mafia, P2. E’ stato tra i più attenti e tenaci ricercatori delle zone d’ombra della vicenda Moro, delle responsabilità e dei depistaggi e ha dedicato tutta la vita alla difesa della democrazia, della Costituzione, della memoria storica. Gli siamo grati di tutto, e gliene saremo sempre”, aggiunge Schlein.
Dalla strage delle Brigate rosse di via Fani all’assassinio di Aldo Moro, dalla loggia P2 all’eversione nera, fino al ruolo dei servizi segreti deviati e delle strutture atlantiche come Gladio, l’ex parlamentare comunista Flamigni ha dedicato quattro decenni della sua vita a decostruire la “verità di Stato” sul terrorismo, denunciando le connivenze tra poteri occulti e apparati istituzionali. Le sue inchieste, tanto in Parlamento quanto nei suoi libri, hanno fornito nuovi elementi per comprendere la strategia della tensione e le ferite mai rimarginate della democrazia italiana, anche se le sue ipotesi sono state spesso controverse.
Nato a Forlì il 22 ottobre 1925, Flamigni iniziò giovanissimo ll’attività politica: nel 1941 entrò in un gruppo culturale antifascista clandestino, aderendo l’anno seguente al Partito Comunista. Nel 1943 fu nominato responsabile del movimento giovanile comunista della Federazione forlivese del Pci, e l’anno successivo partecipò attivamente alla Resistenza come commissario politico della 29/a brigata Gap “Gastone Sozzi”. Dopo la Liberazione si distinse per l’instancabile impegno politico e sindacale. Collaborò con Enrico Berlinguer per impedire lo scioglimento del Fronte della Gioventù e fu tra gli organizzatori delle Avanguardie garibaldine. Divenne segretario della Cgil di Forlì nel 1952 e poi, nel 1956, della Federazione comunista forlivese. Membro del Comitato centrale del Pci dal 1959, ricoprì anche ruoli di rilievo nella direzione nazionale e nella segreteria del partito.
Eletto alla Camera dei deputati nel 1968, Flamigni rimase in Parlamento per quasi vent’anni, ricoprendo incarichi di rilievo anche al Senato (dal 1979 al 1987). Fu vice presidente della Commissione Interni, membro della Giunta per le elezioni, e protagonista attivo nelle tre più importanti Commissioni d’inchiesta della storia repubblicana: quella sul terrorismo e il caso Moro, sulla loggia massonica P2 e sulla mafia.
Il nome di Sergio Flamigni è legato indissolubilmente al caso Moro. Membro della Commissione parlamentare d’inchiesta istituita nel 1980, Flamigni dedicò gran parte della sua vita successiva a studiare, ricostruire e denunciare le ombre del sequestro e dell’assassinio del presidente della Democrazia Cristiana.
Nei suoi libri – ‘La tela del ragno. Il delitto Moro’, ‘Il covo di Stato. Via Gradoli 96 e il delitto Moro’, ‘Dossier delitto Moro’, solo per citarne alcuni – Flamigni ha smontato la versione ufficiale degli eventi, individuando responsabilità più ampie e articolate rispetto al solo gruppo terroristico delle Brigate Rosse. Ha evidenziato in particolare il ruolo ambiguo dei servizi segreti italiani e stranieri.
Una delle sue tesi più controverse e approfondite riguarda la figura di Steve Pieczenik, lo psicologo americano inviato a Roma nel 1978 su mandato del Dipartimento di Stato. Flamigni ha documentato come la sua presenza si inserisse in una strategia di “guerra psicologica” volta a impedire la liberazione dell’ostaggio, ad appropriarsi dei suoi scritti e a garantire il silenzio dei brigatisti.
Dal 1988, dopo la fine dell’attività parlamentare, Flamigni si è dedicato a un meticoloso lavoro di ricerca e divulgazione, pubblicando oltre venti volumi su mafia, P2, terrorismo, Gladio e strategia della tensione. Le sue opere sono divenute un punto di riferimento per giornalisti, storici e magistrati. Tra i suoi titoli più noti: “Trame atlantiche. Storia della loggia massonica P2” (Kaos, 1996), “La sfinge delle Brigate Rosse. Delitti, segreti e bugie del capo terrorista Mario Moretti” (Kaos, 2004), “Dossier Pecorelli” (Kaos, 2005), “Il sequestro di verità. I buchi neri del delitto Moro” (Kaos, 2008) e “Dossier Gladio” (Kaos, 2012).
Nel 2005 ha fondato il Centro documentazione Archivio Flamigni a Roma, a cui ha donato il suo archivio personale. Il centro è oggi una delle più importanti fonti documentarie italiane su eversione, terrorismo e criminalità organizzata. (di Paolo Martini)
—
politica
webinfo@adnkronos.com (Web Info)
