Camminano molto, dormono il giusto, si stressano meno di altri. E, almeno secondo un nuovo studio, hanno anche il cuore più tranquillo. Ancora una volta la Sardegna torna al centro di una ricerca sulla longevità, argomento che ciclicamente riemerge con risultati spesso noti e conclusioni che suonano familiari, ma che questa volta vengono misurati con qualche strumento in più.
I nuovi dati arrivano dallo studio Saba (Sardinia aging biomarkers analysis), condotto dalla startup Nuraxi insieme all’Università di Sassari e presentato a Cagliari, all’ex Manifattura Tabacchi, durante un incontro dal titolo programmatico: “Longevità e telemedicina: il futuro nasce in Sardegna”. Il campione comprende 1.500 persone, delle quali 395 monitorate per alcune settimane attraverso dispositivi indossabili, capaci di registrare sonno, attività fisica e frequenza cardiaca.
Il dato che colpisce subito è quello dei passi quotidiani: in media 10.264 al giorno. Più della media europea e statunitense, con un vantaggio consistente rispetto ai grandi studi internazionali di riferimento. Nulla di rivoluzionario, ma una conferma numerica dell’idea che muoversi molto – senza bisogno di palestre o programmi sportivi estremi – faccia bene. Ipotesi ormai difficilmente contestabile.
Lo studio, però, non si ferma al contapassi. Un altro indicatore osservato con attenzione è la frequenza cardiaca a riposo, che tende a salire insieme a stress e solitudine. Tradotto: meno relazioni e più tensione coincidono con un cuore meno rilassato. Anche qui, più che una rivelazione, una misurazione puntuale di qualcosa che molti sospettavano già.
Emergono poi differenze tra uomini e donne. I primi camminano di più, le seconde dormono un po’ meglio, ma dichiarano livelli di stress più elevati e mostrano una frequenza cardiaca a riposo mediamente superiore. Non tanto una classifica di longevità, quanto profili diversi di rischio e, secondo i ricercatori, l’ennesima dimostrazione che la prevenzione non può essere uguale per tutti.
Dentro questo quadro si inserisce Nora, assistente di salute basato su intelligenza artificiale sviluppato da Nuraxi. L’idea è quella di una piattaforma di telemedicina capace di dialogare con l’utente, analizzare i dati raccolti, segnalare criticità e suggerire scelte quotidiane più salutari. Un passo ulteriore verso la personalizzazione della prevenzione, almeno nelle intenzioni.
Lo studio Saba è ancora in corso e promette di ampliarsi, con l’obiettivo dichiarato di capire perché in Sardegna si viva a lungo – o almeno un po’ meglio – rispetto ad altri contesti. Con l’avvertenza, sottintesa ma necessaria, che nessun algoritmo potrà mai restituire una formula magica.
«Ci interessano non solo gli anni di vita, ma la loro qualità», spiega Ugo Faraguna, neurofisiologo dell’università di Pisa e referente scientifico della ricerca. Il rischio, aggiunge, è quello di inseguire il mito dell’immortalità dimenticando che vivere più a lungo non basta, se poi si invecchia male. Un riferimento colto a Titone, punito dagli dèi con un’eterna vecchiaia.
